Storia

Cenni Storici

Lo storico greco Strabone, vissuto tra il I secolo a.C.e il I d.C., nel VI libro della greografia descrive la Lucania nominando Vetrina, tra i piccoli luoghi abitati dell'entroterra, che qualcuno ha voluto individuare con l'antica civitas ubicata sul Tuppo di San Nicola nel comune di Marsicovetere per l'assonanza Vetrina Vetere. I reatidella civitas di tuppo San Nicola presentano però, le caratteristiche di città fortificata tipicamente medievale, databile quindi ad un periodo non precedente il IX se d.C. Non è da escludere, comunqu, una frequentazione dell'area precedente tale periodo. Recenti ricerche archeologiche, infatti attestano che il versante sinistro dell'Alta Val d'gri è stato occupato dalla Preistoria fino all'alto Medioevo con l'alternaris di diversi periodi di abbandono e di ripopolamento dei luoghi.

Le ultime campagne di scavo hanno portato alla luce i resti di un'imponente villa romana in località Barricelle appartenuta alla famgilia dei Brutti Praesentes di cui faceva parte l'imperatrice romana Brutia Crispina, moglie dell'imperatore Commodo (1961-1962). La villa fu costruita alla fine del II secolo a.C. alle pendici di Tuppo San Nicola lungo le sponde del torrente Molinara, affluente dell'Agri, in un'area la cui frequentazione risaleal IV sec. a.C. Dopo una serie di interventi di ricostruzione dovuti a due terremoti, la villa ha continuato ad essere abitata fino al IV sec. d.C. L'abitazione è caratterizzata da una pars rustica, area residenziale per la famiglia proprietaria in cui si dedicava prevalentemente all'otium.

In epoca bizzantina, si insediarono, sulle pendice del monte S. Nicola, i monaci di rito greco che costruirono i monasteri di S. Elia e di S. Giovanni di cui oggi non resta traccia.

In seguito alla distruzione di Grumentum (878) ad opera dell'invasione Saracena, gli abitanti dell'area si rifugiarono sullo sperone roccioso a 1037 m slm dando origine all'attuale abitato che conserva ancora oggi le caratteristiche tipiche dell'impianto medioevale.

Con l'avvento dei Normanni il borgo fu fortificato con castello e mura e il suo primo feudatario è stato nel 1135 Adamo de Avenella. Successivamente esso fu assegnato a tale Goffredo, il cui figlio Alessandro, nel Maggio del 1151, dono ai Monaci di Cava, dopo insediatosi nella vicina Tramutola, la chiesa di S. Giovanni di Marsicovetere. La Chiesa distrutta probabilmente dal terremoto del 1857 e mai più ricostruita, si trova sotto il castello e fu ceduta con tutti i suoi beni e i diritti annessi, tra cui la concessione dell'acqua per costruire un mulino.

Nell'incipit di un documento del 188 si legge "Bartholomeus de Castello Marsici veteris Dominus (...)" testimonazia che accerta la presenza di un castello, nel XII secolo, intorno al quale si sviluppa il piccolo borgo medioevale difeso da una cinta muraria e, inoltre, conferma che in centro si chiama già Marsicovetere.

Il nome deriverebbe dai Marsi, popolo italico proveninete dal bacino del Lago Fucino nella Marsica, in Abruzzo, che si spinsero fino in Lucania.

Secondo altre ipotesi, acnhe da marsicus, marescum o marescium, aggettivi latini utilizzati in età tarda per definire un luogo paludoso e malsano. A questo appellativo fu aggiunto, poi, l'aggettivo veteris per distinguerlo da Marsicum Novum (l'attuale Marsico Nuovo) fondata in un secondo momento.

Un evento importante per la storia di Marsicovetere fu l'arrivo, nel 1334 di Angelo Clareno un francescano dissidente che si rifugiò nel convento di Santa Maria dell'Aspro i cui ruderi sono ancora visibili. Clareno era uno dei maggiori rappresentanti dei Fraticelli (o fratelli della vita povera) che furono preseguitati da Papa Giovanni XXII e, per questo, si rifugiò a Marsicovetere. La sua permanenza nel piccolo borgo, fino all'anno della sua morte avvenuta il 15 giugno del 1337, determinò un momento significativo per la vita religiosa della comunità poiche si creò un attivo pellegrinaggio al piccolo convento per ascoltare la parola del frate. La dottrina, basata sulla spiritualità, predicava il rinnovamento della vita in attesa dell'apocalisse e, secondo alcune fonti, Clareno compì acnhe alcuni prodigi conservati in un manoscritto del titolo Miracula.

In età moderna, il 28 dicembre 1498, il feudo di Marsicovetere fu donato da Re Federico D'Aragona a Giovanni Caracciolo nominato Principe di Marsicovetere. I Caracciolo tennero il feudo fino al 1777 (interrotti per un breve periodo nell'anno 1627 dai Di Palma) ed edificarono un palazzo e una masseria rurale nella contrada Pedali con un vigneto intorno. In questi anni il borgo ebbe un grande incremento demografico, urbanistico e culturale. L'ultima erede dei Caracciolo, Laura, vendette il feudo a Bernardo Brussone nel 1778 ma, nello stesso anno, le altre famiglie borghesi proclamarono Marsicovetere Città Regia chiedendo di riconoscerela come appartenete al Regio Demanio, richiesta che fu accolta qualche anno dopo.

Nel 1857 il violento terremoto che interessò gran parte della Basilicata, colpì anche Marsicovetere distruggendo completamente molti edifici ed in parte anche il Convento di Santa Maria dell'Aspro.

Dopo L'Unità d'Italia (1861) anche Marsicovetere fu interessato, come molti altri centri del meridione, dal diffondersi del brigantaggio. In particolare si ricorda la brigantessa Maria Rosa Marinelli, contadina di Marsicovetere, che divenne l'amante di Angelantonio Masini, capobanda lucano. Dopo la morte del suo compagno durante un conflitto a fuoco a Padula, Maria Rosa si costitui e, nel 1864, fu condannata a quattro anni di reclusione per "associazione di malfattori, estorsione, sequestro di persona, lesioni".

Un ruolo incisivo ebbero gli abitanti di Marsicovetere durante i cosiddetti "tumutli del pane" contro l'istituzione della tassa sul macinato (istituita il 7 luglio 1968, entrò in vigore dal 1° gennaio del 1969), alimentate della crisi economico-produttiva nonchè sociale che interessò molti centri valligiani in questo periodo. Tale provvedimento, che richiedeva il pagamento di una tassa sulla macinazione dei cereali, portòalla chiusura di numerosi mulini.

La crisi postuminitaria trova risoluzione soltanto agli inizi del novecento.

Nell'ottobre del 1904 infatti, il Consiglio Comunale di Tramutola approvo la Delibera Voto circa la Cattedra ambulante d'Agricoltura da istituire nel circondario di Potenzaai sensi della legge speciale sulla Basilicata voluta dal Presidente Zanardelli.

Questo provvedimento, che garantì l'istituzione di una sede distaccata della Cattedra in Val d'agri, è stato considerato il punto di partenza della rinascita economica della Valle, e del comune di Marsicovetere in particolare, fondata sullo sfruttamento del territorio pianeggiante nonchè dell'abbontate risorsa idrica dell'area, per un'agricoltura di qualità.

Ruolo fondamentale in questa riprogettazione del territorio, ebbe l'agronomo lombardo Eugenio Azimonti, direttore della Cattedra di Potenza che intervenne sulla vicenda dell'istituzione della sezione distaccata in Val d'agri.

Lo stezzo Azimonti avviò un'azienda, moderna e innovativa, nella tenuta "Palazzo" in contrada Pedali di Marsicovetere che sfruttava le acque della Peschiera.

Un'altro feno, inoltre contribuì all'incremento della produzione agricola della Val d'Agri: l'immigrazione delle famiglie marchigiane e toscane. Nel 1912, infatti, venne approvato il provvedimento che consentiva l'uso della mezzadria affidando i foni della proprietà prima solo ad alcune famiglie locali, poi estendendola anche a famiglie  di altre regioni. Tale provvedimento favorì una vera e propria colonizzazione dell'area che divenne il fulcro dell'attività agricola della Val d'Agri.

Dal quel momento la frazione di Pedali, che cambiò il nome in Val d'Agri di Marsicovetere con delibera municipale n 4 del 18 gennaio 1955 e conseguente Decreto del Presidente della Repubblixa del 13 gennaio 1957, è il centro dell'economia del comune di Marsicovetere ed è il luogo di riferimento per la maggior parte dei comuni limitrofi in quanto offre servizi e strutture, di imprese e del settore terziario, altrove inesistenti.

 

 

Fonti Guida Turistica Marsicovetere

(A cura di Remo Bartolomei, Antonio L. Conte e Giovanna Petrone)